Asseverazione all’Enea entro il 24 marzo prossimo. Cioè, tra meno di una settimana. Per poi effettuare la comunicazione dell’opzione di cessione e sconto in fattura, relativa alle spese 2022 o alle rate residue del 2020 o del 2021, entro il prossimo 31 marzo.

© Fornito da Il Sole 24 Ore

Nel complicato intreccio di scadenze e possibili modifiche in arrivo, come quella che dovrebbe permettere di cedere il credito anche senza un contratto firmato con un acquirente, i contribuenti che vogliano trasferire i crediti fiscali relativi a lavori di super ecobonus effettuati lo scorso anno devono considerare anche un altro termine, oltre alla tagliola di fine mese.

Dipende dalle regole delle Entrate, ribadite in diversi provvedimenti, in base alle quali la comunicazione delle cessioni deve essere inviata «a decorrere dal quinto giorno lavorativo successivo al rilascio da parte dell’Enea della ricevuta di avvenuta trasmissione dell’asseverazione».

Le opzioni, quindi, devono tenere conto di questo passaggio. Una volta ricevuta l’asseverazione, infatti, l’Enea, trasmette alle Entrate i relativi dati di sintesi (su congruità delle spese e rispetto dei requisiti tecnici); l’Agenzia, a sua volta, verifica in maniera incrociata la corrispondenza dell’asseverazione con la comunicazione, pena il suo scarto.

Andando a ritroso dalla data del 31 marzo, allora, l’asseverazione andrà presentata al massimo entro il 24 marzo.

La prossima settimana, insomma, si chiuderà con una deadline importante e, dal lato delle possibili modifiche, si aprirà con diversi appuntamenti di grande rilievo (mercoledì 22 marzo dovrebbe partire il voto in commissione Finanze).

Proprio sulle opzioni relative alle spese 2022 si potrebbe arrivare a una soluzione sul filo di lana. Se infatti l’asseverazione Enea andrà chiusa entro il 24 e la comunicazione entro il 31 marzo, l’emendamento su cui farà una sintesi il relatore Andrea de Bertoldi (FdI) potrebbe arrivare a ridosso di queste scadenze, lasciando pochissimi margini di manovra ai contribuenti interessati e ai professionisti che li assistono.

La soluzione, comunque, resta quella di consentire la comunicazione delle opzioni anche a chi non abbia ancora un contratto sottoscritto, ma solo un impegno della banca ad avviare la procedura. Da valutare se questo correttivo consentirà di aprire la strada della remissione in bonis, entro il 30 novembre, anche a chi per fine marzo non aveva ancora un accordo di cessione firmato.

Appare, invece, completamente definita la soluzione dedicata agli interventi di edilizia libera (infissi, caldaie, pompe di calore, fotovoltaico). La data alla quale agganciarsi, per rientrare nel regime pre-decreto 11/2023, non sarà più provata dall’avvio dei lavori ma dal momento di effettuazione di un bonifico parlante. In alternativa, in assenza di un pagamento, servirà una doppia dichiarazione sostitutiva (con relativa responsabilità penale), sia del committente che del fornitore.

In un quadro che appare sempre più definito, la questione dei circa 20 miliardi di crediti incagliati resta il principale problema irrisolto. La maggioranza continua a fare pressing per portare avanti la soluzione proposta da Abi e Ance (l’utilizzo della leva degli F24 “esterni”, intermediati dalle banche), ma sul punto resta la contrarietà del ministero dell’Economia.

Il rischio che questo tema diventi il caso politico della prossima settima è altissimo: la conversione del decreto, senza una soluzione su questo capitolo, potrebbe avere un percorso molto più travagliato. Così, nelle prossime ore si cercherà una strada alternativa.

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