Le sanzioni tributarie devono essere proporzionate. Per la corte costituzionale, la possibilità di dimezzare le sanzioni comminate dall’Agenzia delle entrate è una “opportuna valvola di decompressione” nel caso in cui queste “tendono a divenire draconiane” per i contribuenti che non hanno intento di evadere. Anche le sanzioni tributarie devono quindi essere proporzionate.
È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza n.46, depositata ieri (redattore Luca Antonini), con cui la Corte costituzionale ha deciso la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Bari, fra l’altro, sull’art. 1, comma 1, primo periodo, del dlgs. 471 del 1997, che prevede come nei “casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250”. Il caso riguardava un contribuente che aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi relativa al regime fiscale del consolidato, tuttavia, aveva presentato tempestivamente la propria dichiarazione, versando in ritardo le imposte dovute unitamente agli interessi e alle sanzioni «ridotte», «avvalendosi del ravvedimento operoso» e in ogni caso «prima di ricevere gli avvisi di accertamento impugnati». Tuttavia, l’Agenzia aveva inviato avvisi di accertamento e comminate sanzioni per omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, rispettivamente, per euro 17.637,60 e 1.256.652,00, pari al 120% delle imposte accertate. La Ctp di Bari dubitava quindi della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, primo periodo, del dlgs. 471 del 1997, tra l’altro, con riferimento all’art. 3 Cost., in riferimento ai principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza nella parte in cui prevede che, ove all’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi faccia comunque seguito, prima della ricezione dell’avviso di accertamento, il versamento spontaneo dell’imposta, la sanzione dal 120 al 240% si applichi sull’intero ammontare «di tutte le imposte dovute sulla base della dichiarazione omessa», anziché solo sull’«importo residuo delle imposte da versare da parte del contribuente». Dovrebbe rimanere ben distinta l’«offensività della condotta di chi omette la presentazione della dichiarazione al fine di evadere il pagamento delle imposte» da quella di chi, pur avendo omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi, «paga spontaneamente le imposte pur senza un previo accertamento fiscale». La sentenza ha tuttavia dichiarato non fondata la questione sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 7, nella quale, “come del resto da tempo auspicato dalla dottrina, il comma 4 non venga letto atomisticamente, ma in rapporto con il comma 1 del medesimo art. 7 del dlgs. 472 del 1997”. In questi termini, infatti, il perimetro di applicazione del comma 4 viene dilatato, considerando, tra le “circostanze” che possono determinare la riduzione fino al dimezzamento della sanzione, quanto indicato nel comma 1 di tale articolo, e in particolare la condotta dell’agente e l’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze. Tale interpretazione, precisa la sentenza, “fornisce maggiore chiarezza ai criteri di determinazione delle sanzioni in esso stabiliti”, e va “applicata al sistema delle sanzioni tributarie” dall’Agenzia delle entrate o in sede contenziosa, anche a prescindere da una formale istanza di parte.
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