L’assegno sociale spetta per la presenza dello stato di bisogno del richiedente, che non deve obbligatoriamente essere incolpevole. Le precisazioni della Cassazione.

L’assegno sociale è una prestazione avente specifici requisiti, così come chiarito dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza.

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Questo giudice lo scorso 13 marzo ha infatti emesso un provvedimento nel quale, oltre a risolvere una questione giunta fino in Piazza Cavour, ha indicato in particolare quando è in gioco la condizione dello stato di bisogno. Detta condizione, infatti, legittima l’assegno e la sua erogazione al beneficiario.

Stante il rilievo che l’assegno sociale ha per la collettività di seguito vedremo in sintesi su che cosa la Suprema Corte ha fatto luce. I dettagli del caso concreto e la decisione.

Assegno sociale, i chiarimenti della Cassazione nella sentenza n. 7235 del 13 marzo 2023: il caso concreto

Come accennato in apertura, la Corte di Cassazione – nel testo della sentenza n. 7235 del 13 marzo 2023 – ha dettagliato i presupposti per il riconoscimento dell’assegno sociale, in particolare quando ricorre la condizione dello stato di bisogno legittimante l’assegno. Nel caso concreto affrontato, la Corte d’appello di Napoli aveva confermato la pronuncia del tribunale di primo grado, di rigetto della domanda di un cittadino mirata al versamento dell’assegno sociale di cui all’art. 3, comma 6, l. n. 335/1995. Questo perché secondo questo giudice il soggetto, avendo anteriormente donato alla figlia i due immobili dei quali era titolare e riservandosi su uno di essi il diritto di abitazione, aveva di fatto prodotto volontariamente la condizione per l’insorgenza dello stato di bisogno.

La conseguenza è stata dunque che, oltre a non essere dimostrato che la beneficiaria della donazione non fosse capace di assicurargli alcun sussidio, la condizione di impossidenza doveva ritenersi il risultato di una autonoma volontà, ovvero una scelta che impediva l’accesso all’assegno sociale.

La persona cui veniva negata la prestazione non si è data però per vinta, ricorrendo in Cassazione e ottenendo da questo giudice una pronuncia favorevole.

La sentenza della Cassazione accoglie il ricorso contro l’Inps

L’Alta Corte ha infatti rilevato che il diritto al versamento dell’assegno sociale ex art. 3, comma 6, l. n. 335/1995 include come solo requisito lo stato di bisogno concreto del titolare, così come emerge dalla condizione oggettiva della mancanza di redditi o dell’insufficienza di quelli incassati in misura più bassa rispetto al limite massimo di cui alla legge. In particolare secondo la Corte di Cassazione non ha rilevanza il fatto che lo stato di bisogno debba essere anche incolpevole.

Il giudice di legittimità ha così chiarito che non sussiste, né nel testo né nella finalità della norma di cui all’art. 3, comma 6, l. n. 335/1995 – che istituisce l’assegno sociale – alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno debba essere anche incolpevole. Piuttosto la Corte indica che nella legge rileva nella mera oggettività lo stato di ‘impossidenza di redditi’ al di sotto della soglia prevista dalla legge.

Inoltre la Corte nella sentenza n. 7235 del 13 marzo ricorda che il sistema di sicurezza sociale di cui al testo della Costituzione non permette di considerare in via generale che l’intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia natura sussidiaria, vale a dire che possa aver luogo esclusivamente nell’ipotesi nella quale non vi siano obbligati al mantenimento e/o agli alimenti capaci di provvedervi.

Conclusioni

Sintetizzando i contenuti della sentenza in oggetto, il diritto al versamento dell’assegno sociale include, come solo requisito, lo stato di bisogno concreto del titolare. Detto stato deve emergere dal fatto della condizione oggettiva della mancanza di redditi o dell’insufficienza di quelli incassati in misura inferiore al limite massimo di cui alle norme vigenti. Secondo la Suprema Corte non serve che lo stato di bisogno sia anche incolpevole.

Detto principio si applica anche e soprattutto al caso nel quale la condizione di impossidenza non è conseguenza di una rinuncia all’esercizio di un diritto ma piuttosto deriva da una libera determinazione della propria volontà, che ha ad oggetto donazione di proprietà immobiliari le quali, in via astratta, avrebbero potuto essere fonte di reddito per colui che chiede l’assegno sociale. Nel caso concreto non rileva il fatto che l’uomo avesse anteriormente donato alla figlia i due immobili di cui era titolare, riservandosi su uno di essi il diritto di abitazione e creando di fatto il ‘terreno’ per l’insorgenza dello stato di bisogno.

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